T’immaginavo d’acuto che fila
e t’ho scoperta di grave che ammanta
come la gravina della mia terra
che apre d’abisso il cielo d’uno squarcio
ti scala dentro come uno scivolo
e poi ti porta nel cuore d’un soffio
e dove sembra sospesa lacrima
è umida parete di darsi fitti
S’accentano d’una sillaba colma
che chiude e schiude l’erba in sottobosco
quelle tue labbra di mora e zucchero
che imporano passione d’implorare
gemito che soffia in lenzuola sciolte
dove fa prato il sasso e ti srotola
Senza pudore e maschera il tuo sboccio
profuma d’orchidea che non si ferma
è petalo volto a carezza d’ape
La falda non ferma quel che ti ammara
ne fai succo di latte e frutta fresca
di acre e dolce lo gusterei in un bacio
francesconigri©03.04.2013