Un giorno avevo una casa
e un ragno vi tesseva i raggi
tra una sedia a dondolo
ed un quaderno e un libro
La polvere era un pò farina
ma l’impasto sapeva d’olio
e croccava il tempo di fragrante
filava di latte e di succo di vene
Un giorno scelsi una casa
e un baco ne vestì la seta
come la pelle che accarezza il brivido
della spuma che frizza del vento
Conobbi il calore e la sua tempesta
e le stagioni partorirono le maree
come un pennello che linea orizzonti
nella risacca del polso del braccio teso
La sabbia fece alla polvere
ciò che pizzica di salmastro
e lo starnuto non fu più uguale
e il respiro abitò i sospiri
La spugna si sentì arida e sola
e viaggiò con le barche e le navi
migrò e ritornò le carene
ma il legno non fu più lo stesso
Il mare onda il suo tessuto
all’infinito che apre il fondale
ed ogni buio scopre la posidonia
delle chiome carezzate d’umido
Le case persero i loro giorni
e gli attimi vissero le briglie sciolte
la prateria d’un passo erboso
le nuvole dei pori addensati
Il giorno e la notte fusero il bagaglio
un giardino frinì il canto al grillo
e il profumo del nudo suonò la primavera
dell’inverno che vive il suo ceppo acceso
Il tempo ebbe una casa
le sue pareti sono quelle del cuore
un guanciale di sorriso da lavare
un’acqua da cercare nel tuo cielo
La fame è una crosta di rughe
più la spezzi e più ama il rivolo
nei suoi solchi è scritto il voluto
la chiamano sorte ma pulsa di vero
francesconigri©09.11.2013