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Era un inverno muto e sordo
quando imparai il ricordo
il freddo fumava gli angoli
e le stufe sbuffavano

Stanche di cerchi in sguardi grandi
dove i sassi mentivano
e le scritte erano d’unghie
più d’ogni motto ferrato

Muto dell’irragionevole
sordo dell’inviolabile
era quell’inverno spogliato
che divora i rami al cielo

Imparai il ricordo di pezze
del marchiato sulla pelle
e il tatuaggio dell’amare
pianse rughe della fame

Fame di sorriso e carezza
di orizzonte che si alba
dei suoi tramonti di racconti
calli a binari remati

Forse uccisero la mia sabbia
la dignità dei suoi scogli
e ne riempirono gli olezzi
di reti colme di vuoti

Ma fu primavera e il suo vento
e il mare sprigionò il fiato
e ne apprezzai il bacio e l’abbraccio
e lo canto a testa alta

Una riga mi veste il petto
è lacrima d’ogni inverno
memoria che transige e vela
l’inespugnabile rotta

È quel solco d’onde che ara
e semina di spumare
e tutto profuma del sale
che fa amare del gustare

La solitudine è una barca
che conosce le isole
e fa del fermo della terra
il corale ri creato

francesconigri©27.01.2014