Sì vidi le fate ballare il cielo
d’un giorno soffiato di primavera
era d’un prato di pelle e di mare
e le vele conobbero l’arare
Il letto disconobbe le pareti
e fu ricolmo di spuma di baci
gli orizzonti salarono le rive
e tutto tutto fu fondale pieno
Pieno di canto che si loba al cuore
tra le movenze frusciate di pori
pieno di grotte specchiate di onde
pieno di cheto arricciato di forno
Sulla rotta ne mangiai ne mangiammo
e l’insazio sciabordò i suoi limiti
tutto tutto navigò i tempi al tempo
timone e carena incordati al solco
L’autunno cullò le sue posidonie
l’inverno le crebbe di sotterraneo
e le correnti bevvero il calore
dei piedi scalzi che scuotono il gelo
Le notti già le notti lunghe e corte
pizzo di ricamo ai giorni di dita
tramarono le reti ed il pescato
e la saliva ne guidò le secche
Sì vidi le fate ballare il cielo e
dopo la terra non fu più la stessa
forse questo è il problema od il senso
di questo migrare di labbra e sangue
francesconigri©01.02.2014
“le vele conobbero l’arare” … “dopo la terra non fu più la stessa” Questi sono i cambiamenti che si attendono…sempre.
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Grazie Hebe 🙂
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