E quante lune crebbero lo sguardo
che cucì e scucì le chiome tra i viali
d’un’estate che s’incontrò nei passi
di fiori agli occhi e di saliva spessa
Lo crebbero d’un corto che si spicchia
nelle notti solitarie d’inverno
quando i treni più distano gli arrivi
e le partenze sfumano d’ombrelli
Lo crebbero dell’ansia delle piogge
d’un fulmine tamburo alla finestra
rullare d’umido che piange e succa
e viaggia oltre le nuvole le stelle
Il tempo che verrà è un bacio dato
scritto ai crateri di sonni e di sogni
e se questo silenzio sarà torre
ne berrai alla canapa delle corde
Le stesi e le ristesi tese e lunghe
per giungerti alla mia terra d’un mare
ed il sale ti vestirà alla pelle
le mie mani ai tuoi fremiti vogate
francesconigri©07.02.2014