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Il mio legno è zuppo del tuo mare
ammarato al tuo salmastro
ai tuoi scogli e alle tue onde
alla tua spuma e ai suoi profumi
spondato delle tue rive
piene dei tuoi orizzonti
granulato delle tue sabbie impregnate

Oltre i tempi delle barche sognate
nei tempi degli approdi a porte chiuse
oltre le scale dei ricordi
nelle banchine degli slanci
il mio legno è zuppo del tuo mare

Quante radici nuove ai tuoi fondali
e quanto nuove le tue terre emerse
fertili a me d’ogni ramo tagliato
intagliato ai baci delle maree
quelle dei sospiri e quelle dei respiri
cesellato sì cesellato
d’ogni goccia esalata

Se viverti amore mio
se viverti è questo abbandono
quest’orizzontale pregnarmi
lo sciabordarmi a te lineare
mosso del tuo smosso
bagnato del tuo muschiarmi
cos’è più il protendere al cielo
se non il fondarsi così
di questa saliva ondulata
di questi succhi di aranci ai
viali delle rotte che
passeggiano gli sguardi

È una culla che sensa il moto
una parete di zagare alle fronde dei venti
rimane alle mani della nenia
come il canto dei tuoi occhi innamorati
che scrivono sulle mie labbra
il profumo dell’osmosi
e le gambe
le gambe dei passi compiuti
intrecciano la resa
della musica alle note
degli effluvi all’essenza delle essenze

Il mio legno è zuppo del tuo mare
bevuto di linfa
indossato di sangue
e scorre e mi palpita
come le narici di sale
ebbre
aperte
tese al nettare dei nostri orgasmi

E se ogni chicco narrasse
quello sgretolare dei secoli le rocce
ogni secondo ogni minuto ogni attesa
che già ricama la mia battigia al tuo salparmi
nulla nulla mai potrebbe riempire
neanche i loro versi di tutte le brezze
i miei pori che vivono il tuo ormai
e tessono l’ancòra

francesconigri©03.05.2014

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